L’OPERA DA TRE SOLDI

di Brecht – Weill

Ruolo: Signora Peachum

Napoli Teatro Festival, luglio 2011.

Massimo Ranieri è Mackie Messer nell’Opera da tre soldi che la regia di Luca De Fusco porta in scena in prima assoluta al Napoli Teatro Festival Italia 2011. Un ruolo intrigante, quello del fascinoso delinquente protagonista della commedia di Bertolt Brecht, in cui l’attore napoletano impegna tutte le proprie capacità di cantante, ballerino, interprete, acrobata, mattatore. Ad affiancarlo, Lina Sastri che canta nei panni della prostituta Jenny, e Gaia Aprea che interpreta Polly, giovane moglie di Messer. Il capolavoro brechtiano viene presentato nella nuova traduzione di Paola Capriolo, scrittrice che ha già collaborato con Luca De Fusco in occasione della prima edizione del Napoli Teatro Festival Italia, quando firmò uno dei testi del progetto “Lei. Cinque storie per Casanova”. L’Albergo dei Poveri sarà teatro e palcoscenico, fondale e contesto nello stesso tempo: niente di meglio del cortile quadrato dell’immenso edificio settecentesco pensato da Ferdinando Fuga come ospizio-reclusorio di tutti i derelitti del Regno di Napoli, per rappresentare la vicenda che Brecht aveva ambientato nei bassifondi della Londra vittoriana, e che a sua volta era ispirata a un lavoro dell’inglese John Gay, L’opera del mendicante. Le scene di Fabrizio Plessi, tra i più grandi videoartisti italiani, puntano sulla valorizzazione del contesto: una serie di televisori, montati sulle finestre del cortile, con le immagini di Napoli in bianco e nero, a raccontare la città tanto nello sfacelo del secondo dopoguerra quanto nella sua evoluzione di metropoli postmoderna. La dimensione atemporale della rappresentazione viene accentuata dai costumi di Maurizio Millenotti, anch’essi giocati sulle svariate gradazioni del bianco e del nero, quasi sulla scena si svolga un film degli anni Cinquanta. La musica di Kurt Weill, che affianca le atmosfere fumose dei cabaret della Repubblica di Weimar ai ritmi jazz d’Oltreoceano, è affidata all’orchestra del Teatro di San Carlo: una scelta legata alla ferma convinzione del regista che “le istituzioni culturali devono fare sistema per produrre grandi risultati”.